sabato 18 maggio 2013

Malvino: Volerlo, deciderlo, farlo

Malvino: Volerlo, deciderlo, farlo

L'autodeterminazione non è in discussione, almeno per me, quindi il discorso potrebbe finire qui.
Quanto agli aspetti medici, io non devo nemmeno fingere di essere profano per dire di ignorare la natura del rischio.
Parto però da un dato che assumo dalla stampa come certo solo ai fini del ragionamento, cioè che la malattia non era in atto, benché certa in futuro.
La prima considerazione che ho fatto e che anche la morte è certa in futuro, quindi tanto varrebbe suicidarsi subito. Anche qui l'autodeterminazione è fatta salva, quindi, nessun problema, a parte l'evidente paradosso.
La seconda considerazione che ho fatto è legata alla professione di A.J. che comporta il fatto che i seni per lei sono ferri del mestiere, quidi la cosa assume anche un valore "pubblico".
Tornando per un attimo alla sfera personale, si è scritto e che la femminilità non è nel seno o nelle ovaie; giusto.
Allora perché la ricostruzione? Se erano diventate un rischio e si è deciso di asportarle preventivamente perchè una donna non è i suoi seni, perché rifarli di silicone?
Ha qualcosa a che vedere con l'immagine allo specchio, la sicurezza in se stessi? Può darsi, allora perché affrettarsi a toglierle.
Una donna ferma e sicura potrebbe anche decidere di mostrarsi piatta nella sua vita di relazione, personale e professionale (?) a meno che con quel corpo non ci lavori e per l'appunto i seni, le labbra, i glutei e via dicendo siano i ferri del mestiere.
Confusamente cerco di spiegare la mia ferma fede nell'autodeterminazione non basta a rimuovere la sensazione di contrarietà generata in me dalla notizia.
Come uomo, come spettatore, mi sento preso in giro, truffato dall'idea che una donna che ha fatto anche della sua fisicità un elemento del suo successo possa, dopo aver legittimamente deciso di asportarsi i seni, sostituirli con due finti - magari migliori - e ripartire come una F1 dopo il cambio gomme.
Al contrario di quanto può a molti venire in mente, non è come le tonnellate di silicone che traboccano dalle pagine dei giornali e dagli schermi; non si tratta di gonfiarsi le tette sino a dimensioni inverosimili per stimolare visivamente, o tattilmente, l'eccitazione maschile - cosa ingenuamente sincera - o aumentarsi di una o due taglie per riempire meglio la scollatura di rotondità e di sguardi rassicuranti, o riportare ad antichi fasti ciò che Newton aveva spinto in basso con gli anni; qui si tratta di altro.
È il passaggio dalla determinazione del sé all'imposizione sugli altri; è la pretesa di decidere per me che la guardo mentre lavora (in fondo il suo lavoro consite in questo) che posso e devo continuare a guardare quel seno e a farmelo piacere senza sindacare sulla sua naturalità o artificialità.
Come se i produttori del mio amatissimo liquore di mirto decidessero di non usare più le profumatissime bacche mediterranee ma un identico aroma chimico, dichiarandolo palesemente negli ingredienti, ma senza cambiare il nome e l'etichetta. Anche qui, come se io non dovessi occuparmi di cosa mi piace, ma limitarmi a confermare che mi piacciono il liquore di mirto e le tette di A.J.
Beh, non è così.